CHI ODIA LE DONNE? Giorni fa, La Repubblica pubblicava un articolo intitolato “Se Internet odia le donne”, e relativo ad un inquietante fenomeno che, invece di regredire, dando spazio a quei principi di eguaglianza tra i sessi tanto invocati da 50 anni a questa parte, va diffondendosi sempre più. Citando il video “Il corpo delle donne”, (visibile su you tube), di Lorella Zanardo Manager e docente universitaria, insignita nel 2011 a Washington del TIAW, The Internationl Alliance for Women, per aver contribuito a migliorare la condizione della donna nel mondo, l’articolo sottolinea la mercificazione del corpo della donna da parte dei media e del web, riproponendo scorci della televisione italiana. La facilità di espressione e di dissimulazione, scaturente da questo contenitore virtuale che è il Web, lascia il campo libero a sentimenti di rivalsa di uomini, (solo alcuni per fortuna), che non si arrendono alla consapevolezza di dover sempre più condividere il potere con l’altra metà del cielo e si estrinsecano, nella “migliore delle ipotesi”, con la cyber violenza. Di converso la reazione della maggioranza delle donne perseguitate sul web, è quella di abbandonare i siti dove si manifesta il gender gap ( disparità di genere), comprimendo e frustrando la propria libertà di espressione, senza mai denunziare l’accaduto. Fra i giovani il fenomeno è ancora più allarmante: gli adolescenti sono le vittime “privilegiate” delle campagne sul Web, dove il sesso è un’ arma, e chiunque sia differente, viene emarginato, con conseguenze di non poco momento. Non occorre poi essere teledipendenti per notare che , mentre in Inghilterra l’Advertising Standard Authority (ASA), ha censurato nientedimeno che la pubblicità dell’ultimo profumo di Chanel, perchè “eccessivamente allusivo” e addirittura “sessualmente esplicito”, nel Bel Paese spot e programmi, che nulla lasciano all’immaginazione, circolano liberamente sulle reti pubbliche e private, soprattutto durante le fasce protette. Altrettanto sconfortante è poi la collocazione italiana nella classifica del GGGR (Global Gender Gap Report). L’indice, introdotto dal World Economic Forum nel 2006, quantifica la disparità di genere per ogni Nazione, basandosi su criteri: economici, politici, in materia di educazione e salute, fornendo una classifica dei paesi del mondo, laddove l’Islanda si colloca al primo posto e l’Italia soltanto al 74°(sic!). La prevedibile escalation sino alla violenza di genere, viene perpetrata nei confronti di un soggetto sol perchè appartiene, come nel caso di specie, al genere femminile, ed ha una collocazione quotidiana fra le notizie di cronaca nera. Quindi scopriremo che i femminicidi, (omicidio di una donna perpetrato da un uomo), sono oltre 100 l’anno, e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), individua gli autori di questi efferati delitti, in uomini conosciuti o vicini alla vittima. Anche gli uomini sono talvolta vittime della violenza femminile, ma i numeri e le statistiche parlano chiaro, questo triste primato spetta alle donne. Atti di rilevanza penale meno gravi del femminicidio, rappresentano, in alcuni casi i “preliminari” di uno scenario giuspenalistico che spazia dal reato di lesioni gravi, all’ingiuria, alla diffamazione, allo stalking, all’omesso mantenimento economico, all’estorsione, alla violenza sessuale. Benché ancora oggi siano molteplici le resistenze alla trattazione di tali argomenti e i commenti quali:“se la sono cercata” oppure “vestite così non si lamentino se accadono certe cose”, è improcrastinabile informare i giovani sull’esistenza degli stereotipi di genere , affinché possano sviluppare un pensiero critico rispetto ai modelli proposti dalla società e dai mass media e raggiungano, almeno loro, la tanto invocata uguaglianza di genere.
Catania, il 27.02.2014
Avv. Isabella Altana Direttore Ufficio Legale Regionale Codacons