Sprechi e povertà
Sprechi e povertà
Viviamo in un mondo in cui gli sprechi sono diventati normalità. Anzi in molti settori da problemi da risolvere si sono trasformati in fonti di reddito. Per le imprese e non per i consumatori.
Due gli esempi più lampanti di questo fenomeno: il cibo e i farmaci.Sprechi e povertà
Mentre le organizzazioni internazionali (FAO e UNICEF in primis) non fanno che ripetere che la fame nel mondo sta aumentando e che le misure adottate fino ad ora sono insufficienti, la quantità di sprechi alimentari specie nei paesi sviluppati è in costante aumento. Uno sperpero che ha raggiunto dimensioni impressionanti: circa la metà del cibo che viene prodotto nel mondo, anche se è ancora commestibile, finisce nella spazzatura. Due miliardi di tonnellate che potrebbero sfamare milioni di persone e che, invece, diventano un problema (come rifiuti organici e packaging).Sprechi e povertà
Cause
Molte le cause: dalla cattiva conservazione degli alimenti a date di scadenza troppo rigide fino a a campagne di marketing che spesso convincono i consumatori a comprare più cibo del necessario, ma anche il numero eccessivo di passaggi dal produttore al consumatore e nelle catene di montaggio dei cibi industriali. Ogni anno, in Italia, finiscono tra i rifiuti dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari. Uno spreco che è dovuto per il 17% da prodotti ortofrutticoli, per il 15% da pesce, per il 28% da pasta e pane, per il 29% da uova, per il 30% da carne e per il 32% da latticini. Il tutto con un costo a famiglia che ammonta a circa 1.693 euro l’anno (secondo le stime più ottimistiche)!Sprechi e povertà
Situazione analoga per quanto riguarda i farmaci. Qui gli sprechi cominciano già in fase di produzione: difetti nel packaging, farmaci ritirati perché prossimi alla scadenza o tolti dal mercato per difetti di stampa dei foglietti illustrativi (i famosi bugiardini). Ma anche dopo gli sprechi non mancano: non sono pochi i medicinali che gli italiani comprano senza ragione, a volte per loro volontà, a volte a causa di prescrizioni sovrabbondanti rispetto alle necessità e a volte a causa delle confezioni sovradimensionate rispetto ai bisogni del paziente. E anche i luoghi di cura e nelle farmacie sono fonte di sprechi (ad esempio a causa dei farmaci che giungono a scadenza prima di essere utilizzati o venduti). Secondo alcune stime, ogni anno, in Italia si buttano circa 6mila tonnellate di farmaci. Da un campione su 1.980 Comuni italiani, corrispondenti a 14.855.918 abitanti, è emerso che i farmaci buttati sono stati 1.546,4 tonnellate (100,9 tonnellate scaduti pericolosi, 1.445,5 tonnellate quelli scaduti, ma non pericolosi).
Sprechi che in entrambi i casi non dispiacciono ai produttori: è il consumatore che paga, ciò che consuma ma anche ciò che viene buttato (e per assurdo che possa sembrare, anche prima della vendita). Al punto che secondo alcuni questo sarebbe diventato un vero e proprio business. Molti hanno accusato le case farmaceutiche di dimensionare i “blister”, le confezioni, senza tenere conto dello spreco. Secondo alcune ricerche condotte sui farmaci più costosi, come quelli oncologici, le fiale spesso conterrebbero una quantità di principio attivo superiore a quella necessaria e quindi necessariamente sprecata. Uno spreco stimato in circa 1,6 miliardi di euro.Sprechi e povertà
Per cercare di ridurre questo sperpero di risorse, il Parlamento, a marzo, ha approvato il testo unificato di sette proposte di legge recanti “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. L’obiettivo è “ridurre gli sprechi per ciascuna delle fasi di produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione di prodotti alimentari, farmaceutici o di altri prodotti”. Una legge che, però, ad oggi è più una promessa che una realtà.
C.Alessandro Mauceri